Modelli in trasf… formazione

I ruoli e i metodi della formazione degli adulti, come dei soggetti in età evolutiva, si stanno trasformando già da alcuni anni, in risposta a due bisogni fortemente avvertiti nella nostra società:

  • attribuire un ruolo più attivo ai veri protagonisti del processo formativo, ovvero coloro che apprendono
  • promuovere metacompetenze, per sostenere l’apprendimento lungo l’arco della vita e la ricerca di flessibilità ed adattabilità.

Dagli anni ottanta del secolo scorso abbiamo assistito a vari tentativi per superare l’approccio puramente informativo basato sulla comunicazione a una via integrata al massimo da un breve dibattito, a favore di metodologie laboratoriali e soprattutto di percorsi formativi attivi declinati in termini di ricerca-azione, che modificano sostanzialmente l’esperienza formativa attribuendo valore al sapere pratico che si guadagna sul campo e alla sua interazione continua con le riflessione teorica.

È una prospettiva coerente con quella del lifelong learning, l’apprendere per tutto l’arco della vita, che considera le competenze di una persona in continuo divenire attraverso un percorso formativo e autoformativo tra scuola, lavoro, ambienti sociali di apprendimento, apprendimento virtuale ovvero e-learning nel Web2.0 interattivo.

Pensando al caso specifico dei professionisti della scuola, il nuovo approccio alla formazione si coniuga con il profilo dell’insegnante professionista riflessivo delineato da diversi studi nazionali e internazionali dell’ultimo scorcio del secolo scorso. Nel progetto CERI-OCSE per lo sviluppo di indicatori internazionali dell’educazione scolastica vengono evidenziati alcuni tratti che caratterizzano tale profilo, in primo luogo la visione dialettica della relazione tra teoria e pratica, la riflessione sul modo in cui l’azione didattica può essere modificata e migliorata attraverso i processi di valutazione e controllo, il risalto dato alla ciclicità di tale processo, rappresentato nell’immagine che segue:

Nel frattempo, la ricerca e la sperimentazione sono entrate nella normativa – anche se non ancora del tutto nella realtà diffusa della scuola italiana – con il DPR. 275/2009, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che dedica l’Articolo 6 all’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, nel quadro di una serie di azioni mirate al successo formativo di tutti gli allievi.

In forma essenziale e necessariamente semplificata proponiamo qui

i tre principali presupposti teorici alla base della trasformazione dell’approccio alla formazione:

  1. il concetto di ricerca-azione, collegato alla teoria di Kurt Lewin (2005), mette a fuoco un tipo di conoscenza che non si limita a descrivere una realtà e a individuare le ragioni che la spiegano, ma è “finalizzata a un intervento volto a produrre il mutamento desiderato”;
  2. il modello del counseling formativo (Mucchielli, 1987) sposta l’attenzione dal ruolo del formatore come esperto che propone soluzioni al ruolo del formatore come guida nell’analisi dei problemi e nella ricerca autonoma di soluzioni personali;
  3. l’approccio della “comunità di pratica” (Wenger, 2006) valorizza il processo di condivisione tra i membri di una comunità nell’esercizio della professione e evidenzia l’efficacia del confronto reciproco sui problemi incontrati e sulle soluzioni, con la finalità del miglioramento collettivo e individuale.

i tratti principali di tale nuovo approccio:

  • il soggetto della formazione ha un ruolo più centrale e attivo;
  • assume maggiore rilievo la sua esperienza professionale e umana, come nucleo di conoscenze, abilità e motivazioni su cui far leva per sostenere un processo di trasformazione personale profondo;
  • il formatore riduce lo spazio dell’intervento informativo tradizionale a una via, sviluppando piuttosto l’interazione a due vie con i soggetti della formazione, dando spazio ad attività laboratoriali, pratiche e riflessive e ancor meglio progettando percorsi di formazione che si articolino come “ricerca-azione”;
  • i contenuti informativi e gli aspetti tecnici assumono un ruolo meno rilevante, a favore di aspetti relazionali e metacognitivi;
  • i modelli teorici proposti dal formatore si pongono più come sollecitatori di un processo di ricerca personale che come regole di azione generalizzabili;
  • il ruolo del formatore può sconfinare in quello di counselor per favorire la ricerca autonoma di soluzioni personali piuttosto che proporre soluzioni precostituite.

Presentiamo qui l’esito di una ricerca svolta su questa importante tematica.

L’ indagine prende  in considerazione il caso di una esperienza di formazione e ricerca azione realizzata dalla Rete padovana NOI (Nuovo Obbligo di Istruzione), composta da Istituti secondari di secondo grado, in collaborazione con il Laboratorio RED del CIRDFA (Centro Interateneo  per la Ricerca Didattica e la Formazione Avanzata), con il coordinamento della scrivente, dal 2007 al 2010. Esso viene esaminato con il ricorso sia a dati descrittivo-narrativi (report dei Consigli di classe, alcune dichiarazioni degli studenti, riflessioni nei forum) che a dati quantitativi (emersi dai questionari). Il lavoro intende contribuire a un ruolo più attivo dell’adulto professionista nel processo di formazione personale, in termini di consapevolezza della propria expertìse, di valorizzazione e rielaborazione in chiave autobiografica della propria professionalità, alla luce di modelli teorici proposti dal formatore più come fertili sollecitatori, sul piano euristico, di un processo di ricerca personale, che come soluzione a problemi o come regole di azione generalizzabili.

Parole chiave:

ricerca azione, counselling formativo, rete formativa, insegnante riflessivo, modello sistemico-costruttivistico

Come si trasforma il paradigma della formazione in rapporto alla ricerca-azione

Come si trasforma il paradigma della formazione in rapporto alla ricerca-azione

Modelli in trasf… formazione

 

 

I ruoli e i metodi della formazione degli adulti, come dei soggetti in età evolutiva, si stanno trasformando già da alcuni anni, in risposta a due bisogni fortemente avvertiti nella nostra società:

  • attribuire un ruolo più attivo ai veri protagonisti del processo formativo, ovvero coloro che apprendono
  • promuovere metacompetenze, per sostenere l’apprendimento lungo l’arco della vita e la ricerca di flessibilità ed adattabilità.

Dagli anni ottanta del secolo scorso abbiamo assistito a vari tentativi per superare l’approccio puramente informativo basato sulla comunicazione a una via integrata al massimo da un breve dibattito, a favore di metodologie laboratoriali e soprattutto di percorsi formativi attivi declinati in termini di ricerca-azione, che modificano sostanzialmente l’esperienza formativa attribuendo valore al sapere pratico che si guadagna sul campo e alla sua interazione continua con le riflessione teorica.

È una prospettiva coerente con quella del lifelong learning, l’apprendere per tutto l’arco della vita, che considera le competenze di una persona in continuo divenire attraverso un percorso formativo e autoformativo tra scuola, lavoro, ambienti sociali di apprendimento, apprendimento virtuale ovvero e-learning nel Web2.0 interattivo.

Pensando al caso specifico dei professionisti della scuola, il nuovo approccio alla formazione si coniuga con il profilo dell’insegnante professionista riflessivo delineato da diversi studi nazionali e internazionali dell’ultimo scorcio del secolo scorso. Nel progetto CERI-OCSE per lo sviluppo di indicatori internazionali dell’educazione scolastica vengono evidenziati alcuni tratti che caratterizzano tale profilo, in primo luogo la visione dialettica della relazione tra teoria e pratica, la riflessione sul modo in cui l’azione didattica può essere modificata e migliorata attraverso i processi di valutazione e controllo, il risalto dato alla ciclicità di tale processo, rappresentato nell’immagine che segue:

Nel frattempo, la ricerca e la sperimentazione sono entrate nella normativa – anche se non ancora del tutto nella realtà diffusa della scuola italiana – con il DPR. 275/2009, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che dedica l’Articolo 6 all’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, nel quadro di una serie di azioni mirate al successo formativo di tutti gli allievi.

In forma essenziale e necessariamente semplificata proponiamo qui

i tre principali presupposti teorici alla base della trasformazione dell’approccio alla formazione:

  1. il concetto di ricerca-azione, collegato alla teoria di Kurt Lewin (2005), mette a fuoco un tipo di conoscenza che non si limita a descrivere una realtà e a individuare le ragioni che la spiegano, ma è “finalizzata a un intervento volto a produrre il mutamento desiderato”;
  2. il modello del counseling formativo (Mucchielli, 1987) sposta l’attenzione dal ruolo del formatore come esperto che propone soluzioni al ruolo del formatore come guida nell’analisi dei problemi e nella ricerca autonoma di soluzioni personali;
  3. l’approccio della “comunità di pratica” (Wenger, 2006) valorizza il processo di condivisione tra i membri di una comunità nell’esercizio della professione e evidenzia l’efficacia del confronto reciproco sui problemi incontrati e sulle soluzioni, con la finalità del miglioramento collettivo e individuale.

i tratti principali di tale nuovo approccio:

  • il soggetto della formazione ha un ruolo più centrale e attivo;
  • assume maggiore rilievo la sua esperienza professionale e umana, come nucleo di conoscenze, abilità e motivazioni su cui far leva per sostenere un processo di trasformazione personale profondo;
  • il formatore riduce lo spazio dell’intervento informativo tradizionale a una via, sviluppando piuttosto l’interazione a due vie con i soggetti della formazione, dando spazio ad attività laboratoriali, pratiche e riflessive e ancor meglio progettando percorsi di formazione che si articolino come “ricerca-azione”;
  • i contenuti informativi e gli aspetti tecnici assumono un ruolo meno rilevante, a favore di aspetti relazionali e metacognitivi;
  • i modelli teorici proposti dal formatore si pongono più come sollecitatori di un processo di ricerca personale che come regole di azione generalizzabili;
  • il ruolo del formatore può sconfinare in quello di counselor per favorire la ricerca autonoma di soluzioni personali piuttosto che proporre soluzioni precostituite.