Sono ancora accettabili affermazioni come quella che viene riportata?

In un articolo intitolato “La corruzione si batte a scuola. Ma solo quella?”, con riferimento alla riflessione dell’ex magistrato Gherardo Colombo che il problema della corruzione va affrontato attraverso un’opera di educazione nelle scuole, si afferma: “Se sono infatti del tutto condivisibili le parole dell’ex magistrato , pesantissimo è però il ruolo che si vuole appioppare alla scuola che, basta farci caso, diventa sempre una sorta di rifugio di tutti i peccati e un’acquasantiera dove mettere a giacere la coscienza della politica italiana. E infatti quando qualcosa non funziona, si pensi all’alcolismo per esempio, subito si dice che deve essere la scuola a fare educazione coi giovani per evitarlo e così sul lavoro minorile, buttandosi dietro le spalle la percentuale enorme, rispetto alla media europea, di dispersione e abbandoni dei nostri ragazzi, a cominciare dai Neet”(La Tecnica della scuola).

Un’affermazione come questa è per lo meno discutibile, se non altro perché risulta poco aggiornata rispetto a ciò che la scuola militante realizza. Sono parole offensive nei confronti di quei docenti (non pochi) che credono nel ruolo educativo della scuola nella promozione dei principi di cittadinanza, di rispetto sociale e di etica (e non perché esiste una disciplina che si chiama “cittadinanza e Costituzione”). Si tratta di docenti, dirigenti e istituti scolastici che da anni attraverso progetti qualificati inseriti nel POF, danno ai loro allievi l’occasione di vivere, agire, sperimentare sulla loro pelle esperienze buone di cittadinanza e più in generale esistenziali, introiettando il “piacere” di agire per contribuire al benessere proprio e altrui, per collaborare alla soluzione dei problemi della nostra società e introiettando, insieme ad esso, il piacere di apprendere. Infatti attraverso questi progetti offrono ai ragazzi occasioni significative per apprednere conoscenze e maturare abilità, che li portano gradualmente a diventare competenti (cioè capaci di agire e reagire nella realtà con ciò che sanno) e non solo euriditi e di percepire il gusto di tale processo di crescita.
Stiamo parlando di una didattica ordinaria, basata su una selezione delle conoscenze non legata all’elenco previsto dal programma centralizzato (che non esiste più) ma ai risultati che ci si attende dai ragazzi grazie a ciò che hanno imparato, in stretta relazione con le risorse e le domande della realtà e del territorio,  incluse anche le varie problematiche  citate che invece l’articolo in questione cita quasi come fossero questioni … “marziane”!

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